John Dowland
Lachrimae
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Semper Dowland semper Dolens
The Earle of Essex Galiard
Lachrimæ Antiquæ Novæ
The King of Denmarks Galiard
Lachrimæ Gementes
Sir John Souch his Galiard
Lachrimæ Tristes
M. Giles Hoby his Galiard
Lachrimæ Coactæ
M. Nicho. Gryffith his Galiard
Lachrimæ Amantis
M. Bucton his Galiard
Lachrimæ Veræ
Captaine Digorie Piper his Galiard
Sir Henry Vmptons Funerall
M. George Whitehead his Almand
M. Thomas Collier his Galiard
M. Iohn Langtons Pauan
M. Henry Noell his Galiard
Mrs. Nichols Almand
Lachrimæ Antiquæ
Accademia Strumentale Italiana
Jadran Duncumb, lute
Alberto Rasi, treble viol
André Lislevand, treble viol
Teresina Croce, tenor viol
Mario Filippini, bass viol
Riccardo Coelati Rama, great bass viol
Che il «cantare a libro» sia per antonomasia quello della polifonia, dice molto sulla funzione determinante che anche in termini esecutivi assume la disposizione grafica della musica sulle carte che la contengono. La costruzione polifonica si regge su equilibri sottili, sulle meticolose rifiniture dei dettagli che dalla forma potenziale quale appare sulla pagina scritta è compito degli esecutori tradurre in atto sonoro. Perciò il «libro», quale ne sia la veste grafica, è concepito anche in funzione di una prassi esecutiva che nella polifonia ha specifiche esigenze, tutte finalizzate a rendere al massimo intelligibile lo svolgersi delle sue complesse trame. Molto conta a tal fine come gli esecutori si dispongano, l’uno rispetto all’altro e tutti rispetto a un eventuale uditorio, così che le costruzione sonora venga percepita nella sua compattezza, ma anche ben distinta nelle linee che la compongono.
La più singolare delle soluzioni grafiche pensate per la musica polifonica, proprio in funzione della sua esecuzione, è l’impaginazione “da tavola” adottata da John Dowland per la pubblicazione di Lachrimae or Seaven Teares figured in Seaven Passionate Pavans (London, 1604), una raccolta di musica strumentale a cinque voci per consort di viole e liuto. Le sei parti della musica sono stampate su due facciate adiacenti di grande formato (in folio) e disposte in modo tale che, con il libro aperto in mezzo a un tavolo e i musicisti distribuiti sui suoi lati, ciascuno abbia davanti a sé la propria parte orientata nel giusto verso (un formato analogo era stato adottato da Dowland per il precedente First Booke of Songes or Ayres del 1597 a quattro voci e liuto). L’esame dei testimoni superstiti in formato “da tavola” (manoscritti e a stampa, da due a dodici voci, per un totale di una ventina di raccolte) indica come la disposizione delle parti sull’in folio segua sempre precisi criteri intesi a ottimizzare la resa acustica dei brani in esecuzione e la piena comprensibilità delle loro trame polifoniche, permettendo nel contempo ai musicisti il pieno controllo visivo e aurale dell’insieme sonoro.
La condizione esecutiva ideale, là dove possibile, rimane oggi quella con il «libro» della musica aperto su un tavolo e gli esecutori disposti attorno nelle posizioni previste dall’autore, così da ricreare fedelmente le condizioni sonore originarie di questa musica, per una esperienza d’ascolto che raccolga in una unica e più intensa sensazione percettiva l’aspetto visuale e quello uditivo del concerto.
